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Videomusic: viaggio musicale di una generazione di sognatori

Avevo scritto questo articolo nel mio vecchio blog, quello che ho mandato in pensione e che ora è visibile solamente a me. Lo stavo rileggendo in questi giorni e mi sono detta: ma perchè non parlarne su The Last Wave? Del resto noi che scriviamo su queste pagine virtuali facciamo parte di quella generazione di sognatori. E quindi… voilà.


A differenza dei tempi moderni, in cui la musica è a portata di chiunque grazie a piattaforme del calibro di Youtube, Soundcloud, Spotify et simila, negli anni Ottanta se volevi scoprire nuovi gruppi o le ultime novità dei tuoi artisti preferiti avevi quattro opzioni:

– la radio

– i juke box

– la speranza di trovare articoli o interviste su un’emittente televisiva o qualche rivista 

– il passaparola e lo spaccio sottobanco di cassettine doppiate (da riavvolgere rigorosamente con la penna Bic per non sprecare le pile del walkman)

Per i più grandicelli c’era anche la quinta opzione, le fanzine autoprodotte, ma ahimè tra le mie zampe non sono mai passate per ragioni puramente anagrafiche.

Io, classe 1981, mi sono approcciata per la prima volta al mondo della musica grazie alla radio e ai vinili e alle cassette di mamma. Ero di orecchio buono e lo sono tutt’ora perchè, come diceva La Pina in “Rispettane l’aroma”: Ascolto hip hop che arriva dritto dall’America, ma nel mio walkman puoi trovarci Mario Merola.

Bene, provate ad immaginare come sia stato per me scoprire l’esistenza di Videomusic: non solo musica ma anche videoclip. Non solo i soliti artisti, ma anche gruppi e cantanti che fino ad allora non avevo mai sentito. Festa grande!

Un piccolo excursus storico: Videomusic nasce nel 1984, qualche anno dopo la sottoscritta ma nello stesso mese. Inizialmente le trasmissioni andavano in onda su Elefante TV (alzi la mano chi se lo ricorda!), per poi passare ad una propria frequenza e creare un canale dedicato al 100% alla musica e, più tardi, di riflesso, a diverse tematiche culturali. 

Siccome io arrivo sempre tardi, ho iniziato a seguire la programmazione di Videomusic più o meno nel 1992, che comunque per l’epoca era un bel risultato: il monopolio del piccolo schermo ce l’hanno sempre avuto i veci, tranne che per i cartoni animati o quando mi impuntavo per vedere i film horror. Due passioni che mi sono rimaste, tra l’altro.

Ma torniamo agli albori dell’emittente. Una televisione giovane, fatta per i giovani: contenuti musicali a livello nazionale ed internazionale venivano dati in pasto ad una generazione che desiderava far parte di un movimento o di una controcultura come nel caso della darkwave e del post punk, nati giusto pochi anni prima. Così anche se vivevi sul cucuzzolo della montagna o in mezzo alla campagna più desolata, riuscivi a rispecchiarti in qualcosa. “Cavolo, questa roba mi piace, e là fuori chissà quanti altri la pensano allo stesso modo dal momento che se ne parla addirittura in televisione!”. Per quanto fare ora un discorso di questo tipo sia anacronistico, assicuro che non fa una piega. Trovavi la tua dimensione e ti sentivi meno solo. 

E’ inutile però fare i nostalgici: se venisse riaperta l’emittente con lo stesso nome, le stesse trasmissioni,  magari anche gli stessi VJ, non sarebbe la stessa cosa, mai. E’ cambiato il trend, ai giovani la musica piace scoprirla in modi diversi e, diciamocelo, la TV chi la guarda più? E’ il background che fa la differenza ma noi, viaggiatori musicali (e musicisti, in alcuni casi), chiudiamo gli occhi e sogniamo ancora.

Intervista ai Diaframma. Al giorno d’oggi una roba del genere in televisione ce la sogniamo eccome.

Online ho trovato una lista, purtroppo non aggiornata, dei programmi andati in onda: senza che io ne faccia un banale copia incolla è disponibile a questo link

Non avremmo bisogno anche oggi di qualcosa di simile? Magari di piccole realtà indipendenti che, imponendosi oltre il mare magnum dei social networks, riuscissero a guidare i propri fruitori verso un sentiero ragionato e ragionevole fatto di musica, cultura ed arte?

© DarkMiryam

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